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Tuesday 11 November 2025
Scommesse... strumento, non fine!
Sul sito Grande Ippica Italiana del Masaf è apparso nei giorni scorsi un interessante articolo non firmato che evidenzia il “successo delle scommesse ippiche a quota fissa” in quanto incrementate nei volumi nel mese di ottobre rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
L’articolo tra le molte righe riporta anche il dato relativo ai proventi per il comparto ippico ammettendo quasi incidentalmente che “mancano circa 10 milioni di euro, calo dovuto quasi totalmente alla diminuzione dell’aliquota di prelievo sulla quota fissa, dimezzata dalla legge di bilancio 2025”.
I dati di gioco ippico a tutto ottobre, secondo i dati resi noti dal Masaf, mostrano in realtà uno stento pareggio rispetto ai volumi di gioco dei primi 10 mesi del 2024 e senza che il sacrificio di 10 milioni per l’ippica causato dal dimezzamento del prelievo si sia riflesso come auspicato in un volano di crescita o in un reale beneficio per lo scommettitore in termini di quote più appetibili.
Mi permetto di dire che questo è il punto fondamentale della questione; come appartenenti alla filiera ippica il nostro interesse è salvaguardare e incrementare le scarse risorse a disposizione di un settore in grave crisi (montepremi ridotti e costi in crescita che hanno allontanato molte scuderie e rese altre sull’orlo della chiusura e come conseguenza puledri invenduti o svenduti sottocosto, forte diminuzione nel numero di fattrici coperte, svalutazioni dei cavalli) e non gonfiare i volumi delle scommesse che per noi sono uno strumento e non un fine. E che per scelte fatte - non da noi - non servono neppure ad avvicinare il grande pubblico alle nostre corse.
Avendo dimezzato il ritorno alla filiera sulle scommesse ippiche non solo abbiamo regalato 10 milioni (che sono confluiti nelle tasche degli operatori di scommesse e non investiti) ma stiamo svendendo per un chicco di riso (circa il 2% del volume di gioco accettato) il duro lavoro delle categorie professionali e gli investimenti di proprietari e allevatori per far contenti di fatto solo i bookmaker (che, se la memoria non mi inganna, pagano il 5%, cioè più del doppio, le corse estere accettate).
Visto che il Ministero decide su tutte le leve gestionali del settore (classificando gli ippodromi con criteri lontani dalla realtà e distribuendo le giornate di corsa con effetti negativi per le scuderie non beneficiate dalle scelte dei programmatori ministeriali) sarebbe troppo pretendere che venda al meglio le nostre corse facendole pagare almeno quanto le corse estere? E che alla filiera arrivi un adeguato ritorno sulle corse italiane vendute all’estero di cui si parla sempre più spesso?
Ed ancora, oltre ad implementare il più rapidamente possibile la riforma delle scommesse a totalizzatore (che rendono all’ippica 7 volte di più di quelle a quota fissa!), non varrebbe la pena di valutare se quei 10 milioni all’anno regalati ai bookies non avrebbero potuto avere altro utilizzo, magari più produttivo?

Giorgio Sandi
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