Mercoledì 23 luglio 2025
Per rispetto della verità...
COMUNICATO STAMPA – NUOVO GALOPPO ITALIA
Leggiamo sul sito istituzionale “Grande Ippica Italiana” le dichiarazioni della Presidente di ANAC, Isabella Bezzera, che celebrano i recenti successi esteri di alcuni cavalli nati in Italia e ribadiscono l’importanza dell’allevamento nel nostro settore. Riteniamo doveroso, per rispetto della verità e dei tanti operatori tecnici che quotidianamente affrontano le difficoltà del sistema, chiarire alcuni punti che non possono essere taciuti.
Anzitutto, i numeri reali: i puledri nati in Italia non sono “700”, ma poco più di 580. Un dato che fotografa un declino senza precedenti, nonostante decenni di contributi pubblici e sovvenzioni miliardarie indirizzate all’allevamento. Contributi che, invece di rafforzare il tessuto produttivo interno, hanno favorito pratiche discutibili come quella delle fattrici mantenute stabilmente all’estero – principalmente in Irlanda e Inghilterra – che pascolano lì, servite da personale locale e da stalloni esteri, e dalle quali i puledri (foal) vengono trasferiti in Italia solo entro il sesto mese di vita per ottenere la qualifica di “cavallo italiano”. Un paradosso: è come se il Parmigiano Reggiano potesse definirsi “italiano” solo perché stagiona gli ultimi mesi nel nostro Paese dopo essere stato prodotto altrove.
Leggiamo sul sito istituzionale “Grande Ippica Italiana” le dichiarazioni della Presidente di ANAC, Isabella Bezzera, che celebrano i recenti successi esteri di alcuni cavalli nati in Italia e ribadiscono l’importanza dell’allevamento nel nostro settore. Riteniamo doveroso, per rispetto della verità e dei tanti operatori tecnici che quotidianamente affrontano le difficoltà del sistema, chiarire alcuni punti che non possono essere taciuti.
Anzitutto, i numeri reali: i puledri nati in Italia non sono “700”, ma poco più di 580. Un dato che fotografa un declino senza precedenti, nonostante decenni di contributi pubblici e sovvenzioni miliardarie indirizzate all’allevamento. Contributi che, invece di rafforzare il tessuto produttivo interno, hanno favorito pratiche discutibili come quella delle fattrici mantenute stabilmente all’estero – principalmente in Irlanda e Inghilterra – che pascolano lì, servite da personale locale e da stalloni esteri, e dalle quali i puledri (foal) vengono trasferiti in Italia solo entro il sesto mese di vita per ottenere la qualifica di “cavallo italiano”. Un paradosso: è come se il Parmigiano Reggiano potesse definirsi “italiano” solo perché stagiona gli ultimi mesi nel nostro Paese dopo essere stato prodotto altrove.
Il sovrappremio destinato agli allevatori del cavallo italiano rappresenta un’anomalia ancora più grave: gli allevatori italiani, infatti, già percepiscono un premio ordinario, e in assenza totale di concorrenza straniera – poiché gli allevatori esteri non hanno diritto ad alcun premio – non si comprende la logica di un ulteriore sovrappremio che grava sulle casse pubbliche senza alcun ritorno in termini di qualità o competitività internazionale. In molti paesi ippici evoluti, peraltro, il premio agli allevatori non esiste affatto e i risultati sono di gran lunga migliori dei nostri.
A questo scenario si aggiungono le chiusure e le gravi difficoltà di numerosi ippodromi storici che un tempo costituivano il volano economico e tecnico dell’ippica italiana: Corridonia, salvato per il rotto della cuffia con l’intervento di una nuova società, ha comunque subito un drastico calo di giornate e montepremi; Varese e Roma sono in condizioni critiche; Grosseto è chiuso; mentre Livorno e Follonica, pur non essendo fermi, non producono più – per carenze tecniche ed economiche – i livelli di attività e produttività che li caratterizzavano in passato. A questi si aggiunge Villacidro, una delle strutture più grandi d’Italia, cancellato con un colpo di spugna da un decreto ministeriale. Piazze considerate “minori” ma decisive per creare il mercato pre-competitivo che alimentava anche le aste autunnali italiane ed europee: senza di esse, la filiera si è sgretolata e il settore ha perso il proprio serbatoio naturale di ricambio.
Come se non bastasse, a questa crisi strutturale si aggiunge l’incertezza generata dai numerosi ricorsi legali presentati contro provvedimenti e classificazioni ministeriali, che non preannunciano nulla di buono: invece di una visione di rilancio, assistiamo a un contenzioso permanente che paralizza ogni possibile programmazione.
È evidente che la vera riforma passa da una scelta coraggiosa: ridistribuire il montepremi immaginandolo con una parziale riduzione del sovrappremio del cavallo italiano e l’eliminazione del sovrappremio agli allevatori, unita a una razionalizzazione dei Gran Premi. Questa misura libererebbe risorse ingenti che potrebbero essere destinate a innalzare in modo significativo il montepremi medio, restituendo dignità alle corse ordinarie e creando condizioni eque per tutti gli operatori, non solo per pochi privilegiati.
La continua retorica dei ringraziamenti e degli elogi reciproci fra istituzioni e categorie, come quella letta oggi, non solo non aiuta ma è parte del problema: ha portato alla scomparsa delle medie scuderie, alla fuga dei proprietari e all’implosione di un sistema che non produce più selezione né ricambio
Per invertire questa rotta servono scelte nette:
- Superare l’assistenzialismo che premia pochi e ignora la filiera tecnica
- Ridistribuire il montepremi e riformare la programmazione per creare un mercato interno solido e competitivo
- Rivedere il rapporto fra allevamento e settore tecnico, perché proprio dall’inglobamento delle due componenti sono nati gli squilibri che il Parlamento, in passato, ha già riconosciuto come critici
Non si rilancia l’ippica italiana con autocelebrazioni, ma con una verifica indipendente di ciò che l’allevamento ha prodotto (e non prodotto) in decenni di investimenti. Solo così sarà possibile tornare competitivi in Europa e restituire dignità a un settore che un tempo generava Ribot e Nearco e che oggi, purtroppo, fatica a restare rilevante.
Nuovo Galoppo Italia
Il Presidente
Col. Giuseppe Satalia
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